mercoledì 7 settembre 2011
Beirut: The Rip Tide
Rapimento e riscatto!
Non riesco ad esprimere quello che mi provoca l’ascolto di Beirut, è un misto di euforia, malinconia, colori seppiati, tinte impressioniste ma anche odore di foglie secche e di primavera che esplode... è come se mi svuotasse e mi riempisse in un misto di emozioni contrastanti, devastanti, inconsce che tolgono il fiato. Beirut è un’attesa di qualcosa che non trova fine, di qualcuno che non arriva, è una speranza, una negazione è un annegare per poi ritornare in superficie per respirare, e poi ancora giù! A candle’s fire con la fisa e le trombe mi fa strippare la luppo 4 volte prima di passare a Santa fe che ascolto come se avessi un groppo in gola, lo stomaco contratto e denti serrati, The Rip Tide è un disco fisico che mi coinvolge interamente, mamma mia, non riesco a tirare il fiato.... East Harlem aumenta la stretta e la tensione non si allenta e mi lascia a navigare nel limbo delle emozioni sospeso nel vuoto, è solo con Goshen che la mia inquietudine trova riparo, è un piumone che ti copre mollemente nelle fredde notti d’inverno ma è anche il vento di marzo che porta il suo odore di primavera e mi mette addosso una gran voglia di correre verso l’orizzonte. Che belli i violini e l’accordion di Payne’s bay, sa proprio di mare la sera, con l’aria umida pregna d’acqua e di spruzzi salati che colpiscono il volto mentre The rip tide è il massimo da spararmi in cuffia quando giro in centro, è la soundtrack perfetta per la vita urbana che mi circonda e per la sua varia umanità, e sono io, solo, a navigare sorridente sul mare composto dai san pietrini con il vento a contrapporsi all’avanzata, Vagabond mi fa stare bene, odora un po’ di appena piovuto, con questa nelle orecchie potrebbe accadermi di tutto e non me ne accorgerei anche perchè, con questa, non potrebbe accadermi nulla di male. La sacralità di The Peackock è ssuggellata dall’organone che ne ricama le melodie, questi 4 accordi suddivisi equamente tra maggiori e minori, non mi lasciano scampo e mi ci abbandono totalmente ed incondizionatamente. L’ukulele di Port of call regala un sapore del tutto particolare, la sensazione è quella di quando si lasciano gli amici alla fine delle vacanze, nostalgia, ricordi, voglia di restare con la consapevolezza che quella magia non si ripeterà mai più ma con la certezza di volerci comunque riprovare ed è quello che rifarò ricominciando l’ascolto di questi 33 minuti assolutamente incredibili. The rip tide di Beirut mi ha stregato, rapito il corpo e l'anima!!!