piedaesanzves: settembre 2012

mercoledì 26 settembre 2012

LOWLANDS - Beyond

Foto di Renato Cifarelli


Odi et amo!!!

Che BOTTA Angel Visions!!! Mi è difficile essere obiettivo e mi è tanto più difficile accettare Beyond. Voglio bene a Lowlands, adoro la loro musica quindi cercherò di non pensare nè al rapporto di amicizia che mi lega alla band, nè all'affezione per il loro suono, nè a quello che mi sarei aspettato di ascoltare... cioè un disco acustico!!!
La musica per me ė, e resta comunque emozione allo stato puro, quindi resetto pensieri ed emozioni e mi lascio invadere dal muro sonoro di questo nuovo disco di Lowlands. La line up è cambiata, ci sono Ed, Roberto e Francesco. ma, con il susseguirsi delle canzoni però ritrovo tanti amici vecchi e nuovi che accompagnano la band in quello che sembra essere un punto di arrivo ma anche una ripartenza. Trovo sempre l'essenza di Lowlands ma laddove c'era un violino, ora c'è una chitarra e al posto di un solo di chitarra c'è una tastiera o un piano. Il ritmo non è indiavolato come i presupposti del primo brano lasciavano intravvedere e Ed è lì, c'è, è ancora lui lo si ritrova piano piano scoprendolo canzone dopo canzone, ascolto dopo ascolto arrivando fino al punto di innamorarsi ancora una volta di un disco di Lowlands!
Angel vision è sporca, granitica, maledetta e breve, così breve da lasciare il segno, chitarra e tastiere sembrano uscite da un buco nero dove vengo risucchiato in quella che mi appare un'altra dimensione.
Hail Hail è un raggio di sole, la scrittura è quella di Ed ma ora la chitarra di Roberto è un rasoio che graffia ed incendia l'aria e i tasti bianchi e neri di Francesco  le danno un tono di epicità, una delle mie preferite!
Lovers and Thieves ha gli stessi ingredienti della song precedente, non molla la presa e mi tiene in tensione dall'inizio alla fine, la batteria di Robby Pellati fa scintille ed ormai è palese... mi sto innamorando.
Arriva Ashes, una ballad tesa sostenuta dalle 4 corde di Rigo Righetti e dal'intreccio di arpeggi, fingerpicking e quant'altro Roberto riesca ad inventare grazie all'uso delle sue sei braccia. Non ho bisogno di grandi "solo" quando c'ė uno come Roberto che è in grado di creare una magia con le 6 corde, ne è conferma Waltz in time, bastano due note e 3 accordi che se suonati così  mi inducono in uno stato ipnotico, vengo rapito, aggrovigliato e abbagliato da una delle migliori canzoni scritte da Ed.
Chitarre e voce per la splendida Homeward Bound che mi trova ancora lanciato in orbita e non fa altro che accogliermi tra le sue braccia giusto il tempo per farmi sciogliere per dichiararmi definitivamente innamorato di questo disco.
Pensare che è sempre stato lì, come un amica con la quale non avresti mai pensato di avere una storia, li nel gruppo, sapevo che l'avevo, ci avevo parlato una volta, forse due... ma ora è diverso, ora mi affascina e mi sorprende, ora mi piace proprio!
Fragile Man è altro... ritrovo Chiara al violino e Simone al basso, un salto nella memoria, in quel suono che mi sarei immaginato di ascoltare, quel suono c'è ma è un diamante allo stato grezzo, risplende di luce propria, è poesia, è il racconto di una amicizia e di una storia che resterà sempre e alla quale i nostri saranno sempre legati.
Down on New Streets è una fantastica cavalcata lunga una vita, un viaggio in treno, una corsa in auto, ho l'impressione di correre ad inseguire un sogno, a volare lontano a fuggire da una storia, una di quelle canzoni che non mi da il tempo di pensare, di respirare, di quelle che mi lasciano in apnea e che non vorrei finissero mai in una parola... meravigliosa!
Non ho mai sentito Ed così ispirato e Roby e Franz così liberi di creare, Beyond è un vagito, è qualcosa che non avevo mai sentito da Lowlands, semplice e calda come la schiuma del cappuccino, odora di buono e di casa... forse perchè ora a casa finalmente, mi ci sento proprio!
Il disco chiude con Keep on flowing dove la fisa di Francesco Bonfiglio aggiunge un ulteriore elemento nuovo, fresca ed immediata, il sostituto naturale di The End per i prossimi concerti, liberatoria e salvifica.
Ho litigato con questo Beyond, ci ho discusso, litigato perchè non era come io avrei voluto che fosse... ma l'amore per la musica trionfa sempre e la mia "pancia", con la quale ragiono e prendo le decisioni vere, quelle che contano, mi ha fatto capire di essermene alla fine definitivamente innamorato. Il disco migliore di Ed e di Lowlands in assoluto, nato di getto in pochi giorni, scarno, essenziale, ruvido ma tagliente, affascinante e stupefacente. Ho fatto fatica ma doveva essere una prova... Ed sei un testone, ma avevi ragione, Beyond è proprio un gran disco! A tutti voi che avete avuto la pazienza di arrivare fino a questo punto dico di non pensare e di lasciarsi andare completamente ascoltando queste 10 splendide canzoni... ancora una volta grazie Lowlands perchè mi sapete emozionare, nel bene e nel male, e per me ė importante, perche questo questo è il rapporto che voglio avere con la musica... solo grandi emozioni e qui ce ne sono a iosa!
Per tutti quelli che pensano sia di parte... dico: perchè non esserlo? sono italiani (qualcuno a metá), sono bravi, il disco è bello e merita di essere preso in considerazione molto più di tanti altri "fenomeni" o "cariatidi" musicali che ci propinano riviste e siti web!
Comprate Beyond, esce il 4 ottobre.


lunedì 3 settembre 2012

Nashville & Backbones - Haul in the nets



Da Rimini a Nashville... solo andata!!!

Ho seguito la gestazione di questo disco, canzone dopo canzone ascoltandole live, sentendole cambiare, maturare, crescere, mutare... e averlo ora tra le mani, nel bellissimo e curatissimo digipack, è un po' come tenere tra le braccia un nipotino a cui ho imparato ad affezionarmi e a voler bene ma che mai avrei pensato di trovarlo già così cresciuto e maturo.
Haul in the nets, diciamolo subito, è un disco di Americana dove le voci di Michele, Marcello e Matteo sono lo strumento principale, una rara miscela sapientemente e perfettamente dosata di crema pasticciera, dolce, calda e soffice che riempie, avvolge e alza il tasso di seratonina e fa sentire a casa.
I due Backbones, Davide e Tommaso (basso e batteria), come un vero e proprio esoscheletro, sostengono alla grande i vuoti ritmici che il trio (due chitarre e un piano) altrimenti avrebbe trovato difficoltoso riempire in questo loro primo disco in studio di pezzi originali.
Per chi non li conoscesse i Nashville Trio hanno passato anni a fare gavetta reinterpretando egregiamente grandi classici della musica (CCR, America, Eagles e tanti altri), da ultimo una rilettura in chiave acustica delle canzoni dei Police! Proprio in occasione dell'uscita di Voices Inside My Head, durante la loro partecipazione alle Backstreets, hanno annunciato l'intenzione di fare basta con le cover per dedicarsi alla realizzazione di un disco di brani originali ....e così è stato, un po' alla volta, testandoli durante i loro concerti sono arrivati a questo Haul in the net, uno stupefacente risultato arrivato in poco meno di due anni.
Gli intrecci vocali sono il marchio di fabbrica dei Nashville, tre voci che si incrociano, si scambiano, si sovrappongono senza che ci sia un lead vocal, tutti suonano e cantano in una alternanza senza cali di tensione una amalgama perfetta, suonano e cantano e lo fanno alla stragrande.
The place where we belong è un up tempo dal riff accattivante e travolgente, trovo sia un gran bel biglietto d'invito perchè predispone allo spirito di Nashville, a quello che da sempre è il loro modo di affrontare la musica, divertirsi e far divertire.
Outsider, da sempre la mia preferita, trova una seconda posizione che la colloca come una delle possibili hit single, semplice immediata, di quelle canzoni che la senti la mattina e ti rimanre in testa per tutto il giorno. Il giorno dopo un concerto dei nostri, mi sono ritrovato in macchina con una nusica in testa, l'ho canticchiata per tuto il viaggio e solo dopo un paio d'ore ho realizzato che fosse proprio Outsider che avevo sentito per la prima volta la sera prima... contagiosa... un loop pericoloso perchè crea assuefazione.
With my tears on, è il frutto di tanti ascolti, ma ancora una volta sorprende per la sua struttura immediata, grande ritornello e finalmente compare la clavietta di Miky Tani, sembrano in 12 a cantare ma sono solo in 3!!! un grande pezzo che sembra chiudersi ma poi improvvisamente si lascia andare in un reggae trascinante, trovata geniale e coinvolgente, Michele lascia il piano che si trasforma in tastierona e la canzone diventa irresistibile.
Song for Claire è epica, racconta musicalmente di quelle strade polverose degli states che i Nashville non hanno mai percorso fisicamente ma che dipingono magistralmente nei loro pezzi. Una ballata senza tempo sospesa nel vuoto, avvolgente ed ammaliante, niente solo di chitarra, ci pensano le voci e l'armonica di Marcello a farne un piccolo gioiellino.
Un altro dei grandi pezzi è Carry me, scarna e sapida con chitarre, il violino di Alice Minutti e voci a riempirla di grande emozione.  Ho come la sensazione di sentirmi trasportato alla deriva dalla corrente del mare, cullato e sballottato dalle onde ma senza senza aver nulla da temere perchè, anche se perso nel blu, mi aggrapo a questa canzone e lei mi salva!
Blue eye in the sky è puro country con la voce di Matteo a farla da padrona, parte sorniona, ma una volta raggiunta dalla pedal steel di Eugenio Poppi e dal piano a muro di Michele diventa a dir poco travolgente... un po' come entrare in un saloon, sputare per terra, appoggiare la colt sul bancone ed ordinare uno strizzabudella!
Night in on my own è bella, immediata, fresca e pulita, una ventata d'aria pura, un altro pezzo di grande respiro, che se fossimo in un paese "civile", dal punto di vista musicale, potrebbe essere una "power hit" radiofonica ma, pensandoci bene, forse è meglio che certi tesori rimangano solo per pochi in modo da farci sentire un po' più ricchi di tutta l'altra gente che non conosce Night in on my own. Guardare le persone che passano per strada con la canzone in cuffia e pensare sorridendo... io ho qualcosa in più di te e non sai cosa ti perdi, è una sensazione impagabile!
Goodbye Dolce Vita rasenta il bluegrass, il banjo a sottolinearne la ruvidezza e la giocosità di una storia di un ragazzo che diventa padre e deve dare l'addio alla vita precedente da "singletudine"...scritta per gioco forse il giorno in cui Marce annunciò agli altri che sarebbe diventato padre!!!???
Too much love sembra uscita dagli anni '60, la chitarra richiama un riff  Claptoniano, poi prosegue con un mid tempo, poi gran voci, bel ritornello, mini solo... insomma lo stilema della costruzione perfetta!
Snow è solo tasti bianchi e neri e voci serve come da interludio a Plastic paradise che conclude il disco, una canzone che live regala tutto il meglio di se in un crescendo strepitoso, tesa ed intrigante che arriva ad esplodere nel triello finale, al quale si è aggiunto per l'occasione anche Omar Bologna, un pezzo d'altri tempi che necessita di un grande coraggio compositivo, una classe vocale cristallina e  una grande padronanza strumentale... un gioiello che è una degna conclusione di un disco sorprendentemente spettacolare.
I suoni sono belli, ben curati e ricercati, ogni cosa è al suo posto e nulla di questo disco sembra essere lasciato al caso, tutto curato fin nei minimi particolari. Le voci sono pulite, sempre bene in evidenza ma senza mai essere troppo preponderanti, belli gli arrangiamenti che a volte hanno tolto dove occorreva e a volte hanno messo legna sul fuoco dove mancava (piacevole la chitarra elettrica di Marce presente in molti brani, le due padal steel e alcune altre soluzioni azzeccatissime) il disco suona con un grande equilibrio, non facile per un gruppo alle prese con il primo disco di brani originali in studio. Un Bravo (con la B maiuscola) a Cristian Bonato che ha Mixato e registrato il disco. Ma i ragazzi hanno studiato e si sente, sanno suonare eccome! e sanno cantare eccome! due doti importantissime che valorizzano ancora di più il lavoro svolto. Il merito va anche ai due BackBones: Davide Mastroianni e a Tommaso Taddei, che hanno saputo fondersi alla perfezione nell'affiatamento ormai decennale dei Nashville diventandone oramai una parte imprescindibile. Chiaramente può accadere anche che un paio di brani siano un po' più deboli e che avrebbero richiesto di più rodaggio "on the road" altri invece sono belli, solidi, stagionati e ben consolidati ma, amici, mi sento di dirvi che questo è un gran disco, da avere, da ascoltare e da regalare, un disco di "Americana" come pochi sanno realizzare anche negli states dove i nostri TRE potrebbero benissimo passare per nativi visto anche l'ottimo uso della lingua inglese. Bravi Nashville e bravi BackBones ci si rivede on the road, questo disco è una bella sorpresa ma anche una conferma di quanto di buono avevate già dimostrato live, non era facile... prova superata a pieni voti! Sono orgoglioso di aver sempre creduto in voi!