piedaesanzves: maggio 2011

mercoledì 25 maggio 2011

The Apache Relay: American Nomad



I rimedi del Dr. Reckeweg
Lo sapevo che una copertina come quella di American Nomad non poteva che racchiudere dele belle canzoni e così è stato! Interno notte ore 23.30 in TV Thunder vs Mavs, come sempre, Mac on the legs, mentre sfoglio Mojo e Uncut ed ascolto qualcosa (ebbene si... sono solito fare 4/5 cose contemporaneamente). Arrivo sulla pagina di http://www.americansongwriter.com/ ed incomincio a curiosare.... solite cose... Jeff Bridges farà un disco solista prodotto da T-Bone Burnett e mi annoto un po' di uscite... scorro la sezione reviews e mi imbatto in The Apache Relay! I Thunder sono avanti ma so che alla fine perderanno, apro la pagina e mi trovo al cospetto di una copertina strepitosa, i quattro su di una tandem (mi ricordano  i Beatles) e la curiosità mi rende famelico. Sulla web page della band solo poche cose... allora che faccio? 6.99$ COMPRO!!! Apple lossless! L'ASDL stasera è veramente lenta, intanto i Mavs recuperano e vincono e mentre KD col suo zainetto indosso parla... ecco sgorgare le prime note di Cant't wake up che sembra proprio un invito a restare li ad ascoltare il resto! The Apache Relay vengono dalla parte "incontaminata" di Nashville, questo American Nomads è il loro secondo disco e, oltre a brani originali, contiene una strepitosa versione di State Trooper di Springsteen. il disco reca con sè tutti gli ingredienti che vorrei in un disco tardo primaverile da godersi all'aria aperta. Il suono è fresco e potente ricorda Fleet Foxes, Arcade fire e  Decemberists! l'alternanza tra folk-songs, ballads e canzoni più tese, dona un equilibrio particolare a tutto il disco. Power hungry animals è una splendida folk-song, Mission bells ha qualcosa di John Lennon, Lost kid è una travolgente sing a long song! Water hole è molto soul oriented e odora alla stragrande di Motown! American Nomad lavora sui territori di springsteen, grande lavoro del violino e ritmo incalzante. When i come home è una bella ballata acustica che lascia spazio alla nervosa e tesa Home is not places, l'album si chiude con la rassicurante Some people change! Tutto quello che avrei voluto avere da un disco l'ho trovato qui, la sintesi perfetta del trend sonoro di cui ho bisogno! Gli Apache Relay sono come la medicina omeopatica c'è a chi fa effetto e a chi no con me funzionano alla grande, li adoro!!!

sabato 21 maggio 2011

Kurt Vile: Smoke ring for my halo


Carpe diem!
Sabato pomeriggio, ho un paio di dischi che vorrei ascoltare questo ad esempio, ne parlano tutti anche RootsHighway si chiama... si chiama...!? Kurt Veill (ah no quella è un'altra storia!) Assopito all'ombra del mio nuovo gazebo, le canzoni di Kurt Vile (che si pronuncia come quell'altro) mi scorrono sul corpo come una taumaturgica acqua benefica e lasciano libero sfogo ai pensieri più scrausi. Mi chiedo se sia pop o rock o lo-fi... ma perchè fermare la mia mente per sprecare il tempo ad incasellare una musica che a tratti mi ricorda Lou Reed a tratti i Beach Boys ma anche James Masics...??? é primavera, è tiepido, sto bene e non penso a niente, sento addirittura odore di rose, ho un sorriso ebete stampato sul volto e la leggerezza di Smoke ring for my halo ha lo stesso effetto su di me dei fiori di loto! Dovrei ritrarmi davanti ad una proposta musicale quasi commerciale!!!? si sento di doverlo fare... eppure... se a 47 anni mi diverto ancora a giocare con i lego perchè dovrei vergognarmi di dire che questo disco mi fa stare bene? Kurt Vile santo subito!!! ecchissenefrega di tutto il resto?! dovrei mantenere un atteggiamento distaccato ma una canzone dopo l'altra mi sento sempre più avvolto dalle loro trame melodiche suadenti e perfide... si vabbè... di roba così ne ho sentita a cariolate ora cambio!... poi arriva Runner ups... ancora un minutino ahhhhhh!!! sarà il dopopranzo, la brezzolina leggera che mi solletica, il materasso morbido... ma mi sento cullato, coccolato, rassicurato... ecco si, mi faccio una zighi... ecco si! sento l'ultima poi metto qualcos'altro... ecco si!... In my time.... ripiombo in stato catatonico, non ho più voglia di lottare... mi abbandono a questo mio stato di leggerezza dell'essere e mando a cagare tutto il resto! Ho abbassato le difese, sono in balia di questo ragazzotto di Philadelphia (dove non sono stato ma lì ci giocava, con il numero 6, Doctor J, alias Julius Erving, il mio idolo di sempre, in materia di basket) e Ghost Town mi trova impreparato, come un bambino per la prima volta a cospetto dell'oceano... e allora vai di loop... perchè voglio inabissarmi totalmente nell'oblio, in questo pomeriggio di maggio, assuefatto e ammansito da KurtVile... domani chissà.. forse il disco resterà sull'iPhone 15 giorni e poi me ne dimenticherò per poi eliminarlo dovendo far spazio ad altre cose.. ma anche no, perchè forse sarò ancora qui, drogato e intontito da Smoke ring for my halo. Per ora... colgo l'attimo e torno a smarrirmi tra i meandri della mia mente e tra i miei sogni in un vivifico stato di torpore generalizzato!!!

Hot Tuna: Steady As She Goes


Buon Tonno fresco
I used to think, wherever I wandered,
Nothing would ever, ever come to woe;
But that's all gone now and I don't worry;
What's the future for me and my friends;
Well, I just don't know.


In Ode for billy dean nel 1972, Jorma Kaukonen vergava nero su bianco questa profezia ed oggi, a 41 anni dal primo disco in studio e a 21 dall'ultimo, gli Hot Tuna tornano a regalarcene un'altro!

Quando ho visto Hot Tuna ho pensato: alè ai sém! sarà un nuovo live o una nuova raccolta... vabbè!!! Ma sono curioso come Ulisse (non l'omerico eroe ma il delfino) e con grande "intuito" mi sono accorto subito dalla preview di Angel of darkness che invece si trattava di un disco nuovo. Non posso dire che è un gran disco ma che sia buono... beh!!! questo è indubbio! Jorma Kaukonen (voce e chitarra) e Jack Casady (basso) garantiscono la solidità e la continuità, Barry Mitterhoff (mandolino) e Skoota Warner (batteria) e la produzione di Larry Campbell danno la quadratura del cerchio per un grande ritorno! Questi anziani signori non hanno mai smesso di suonare... e si sente!!! e tra riletture e brani originali quello prodotto è un ottimo risultato, solido roots-blues, bei suoni e grande impatto sonoro e per me, che a volte cado in nostalgiche crisi mistico-musicali, questo Steady As She Goes non rappresenta un ritorno al passato ma un fresco refolo di buona musica che allieterà per un po' le mie giornate ed arricchirà le mie playlist quotidiane!

venerdì 20 maggio 2011

Israel Nash Gripka: Barn Doors and Concrete Floors


Un viaggio in Israel
Questi sono i fatti. Ottobre 2009, Israel insieme a Ted Young sorseggiano birra ed ascoltano i vinili che Israel ha portato con sè dopo un tour in Europa, tra una battuta e l'altra nasce l'idea di registrare un nuovo disco attrezzando un granaio a studio di registrazione, prima di aprire l'ultima "BUD" decidono di riporla in un armadio e di berla a progetto terminato. In menchenonsidica acquistano tramite un annuncio sul giornale un granaio a Catskill Mountain (Albany nello stato di New York) e qui insieme a Steve Shelley (Sonic Youth), Joey McClellan (Midlake/The Fieros), Eric Swanson, Aaron McClellan (The Fieros), Brendon Anthony, Jason Crosby, and Rich Hinman in 8 mesi, tra bagni nel fiume e falò, registrano il disco grazie "all'umile opera ingegneristica" di Ted Young (Gaslight Anthem/Kurt Vile). Il disco suona meravigliosamente e sarà l'arrivo della primavera, delle prime brezze e del primo calore vero del sole... ma già al primo ascolto mi ha letteralmente rapito... allora... eccomi qua all'interno di un fienile alle Catskill Mountains circondato da verdi, dolci colline nei pressi di un fiume e di una cascata, ne percepisco lo scrosciare, chiudo gli occhi, clikko play e Barn Doors and Concrete Floors si anima e tutto mi appare incantato e meraviglioso, così  mi abbandono ai liberi pensieri ed alle emozioni che sgorgano spontanee dalla musica di Israel questo è il mio viaggio...  Parto con Fools gold che è sapida, tagliente e terribilmente trascinante, un inizio incredibile, sono su un bus, il viaggio è stato lungo, i freni stridono, le portiere sbuffano, scendo, sento il bus che riparte dietro di me il luogo è sconosciuto ma sono a mio agio, sono euforico, tutto è nuovo, tutto è da scoprire! Con Drown mi ritrovo a cavalcare un Appaloosa in assolate praterie polverose, cerco di alzare il volume in cuffia ma sono già al 110%, faccio una sosta e mi crogiolo all'ombra di un albero pencolante con Sunset, regret, una bella ballata che lascia il posto alla tesa Goodbye Ghost che lascia intravvedere in lontananza l'urbanità dele luci della skyline newyorkese. La slide di Four winds mi riporta alle luci giallognole di un paese della campagna le quali ombre danzano sull'unico deserto crocicchio. Sono sempre lì, con gli occhi chiusi, a godermi la tiepida brezza sul viso sollevata da Louisiana che mi lascia con Baltimore su di una spiaggia, al tramonto, accarezzato dalla schiuma della bassa marea. La melanconica Red dress mi materializza al centro della pista da ballo di una festa di paese. In Black and blue c'è Dylan, c'è Ryan Adams... si! sono in un museo della storia musicale americana c'è un mondo di note intorno a me e ballo... e canto! La voce di Israel!!! ecco cosa c'è, ora sa usarla al meglio, la adatta ai brani la usa da strumento, ogni canzone ha la sua voce e quella di Bellwether Ballad mi accompagna in cima ad una collina e mi invita ad esplorare la valle che si allunga sotto di me a perdita d'occhio fino alla curvatura della terra. Ho il sale sulle labbra... Antebellum è come una Tequila che mi gusto seduto al bancone del bar fumando una zighi, dolce è il tabacco e una nuvola di fumo si alza verso il cielo, la guardo offuscare la luna poi pian piano si dirada e mi lascia così, disteso sul mio carpet, a fissare la mia artemide... ho sognato!!! ...ma se è così cosa ci faccio con in mano un biglietto del bus, gli abiti bagnati e la polvere sul viso?!

giovedì 19 maggio 2011

Il gatto rock


C’era una volta un gatto che apparteneva a una rock band e a forza di sentire concerti ne fa uno anche lui, si fa una band tutta sua. Dopo però un anziano grida: «Fate schifo! buuuuu». Ma il gatto rock ha un asso nella manica, spacca la chitarra e dentro c’è una spada e il vecchietto scappa a gambe levate e il gatto rock vive felice e contento.

Federico Guerra (my son)

martedì 17 maggio 2011

Okkervil river: I am very far


Odi et amo
Ascoltando l'iniziale The valley e la successiva Piratess sono già in paradiso, sound anni '80 batteria, tastiere, archi, fiati... insomma un tripudio vintage, che visto il mio amore sviscerato per la musica di quegli anni mi cattura e mi fa impazzire!!! Poi colto da dubbi spingo il tasto "HOME" del mio iPhone per controllare di non aver sbagliato disco... no no!!! sono proprio gli Okkervil River, già ne ero attirato ma non era mai scoccata la scintilla della passione, ora ne ho una cotta e li amo perdutamente!!! Insomma è stato come accorgermi che quella mia amica di vecchia data ora che si è tagliata i capelli, ha cambiato modo di vestirsi e di comportarsi mi piace e tanto!!!  Dico subito che per chi tra voi, amiche ed amici delle backstreets che coraggiosamente mi leggete, è legato al suono della band e soprattutto a Down The River of Golden Dreams, loro splendido secondo album, ascoltando questo I am very far storcerete alquanto il naso, il suono è cambiato Will Sheff ha dato una svolta al sound, al suo stile compositivo ed al lavoro in studio. Il disco risulta "altro" rispetto al passato. Rider è epica, una cavalcata rock verso terre inesplorate (in continuo loop in cuffia) e poi la successiva splendida ballad Lay of the last survivor (quanto di più vicino al "vecchio sound") chiude un pokerissimo di songs che da solo, per me, è valso l'acquisto! L'atmosfera è quanto mai "sinfonica", molti direbbero barocca, io l'adoro così ricca, a volte rindondante e nello stesso tempo indispensabile per queste canzoni. Un grande dispiego di forze, 14 musicisti, (due batterie, due bassi, due piano e sette chitarre) e di accorgimenti musicali (vedi l'uso della carta di giornale come base percussiva). Un disco di impatto emotivo e sonoro dove ho sbattuto il muso nel muro musicale creato da Will Sheff che sembra dirci che gli Okkervil, quelli che conoscevamo, sono dietro, ora, per segurli, dobbiamo scavalcare questa parete che per chi desiderava i suoni rarefatti, sgangherati dei precedenti dischi è un limite invalicabile, per chi invece è pronto ad alzare il volume dei riproduttori a livelli di decibel oltre la soglia consueta, diventa una vera e propria liberazione.. ed io l'ho fatto ed ora sono liberoooooo. Da tiepido estimatore della band mi ritrovo ad essere completamente rapito, assoggettato, ricattato e grato a Will Sheff per questo piccolo capolavoro! Uno dei dischi più belli dell'anno o forse tra i più deludenti, insomma, un disco da "odi et amo", se ne dibatterà a lungo ma, personalmente, ascolto dopo ascolto I am very far è diventato il mio compagno inseparabile la grandezza e il coraggio di Will Sheff sono tutti nell'aver saputo seguire il flusso delle note e delle emozioni che devono averlo invaso, quando in testa gli frullavano suoni diversi  per dirlo in una parola... catartico!

domenica 15 maggio 2011

Ben Harper: Give till it’s gone


Zero Tituli!!!
La voce è sempre la stessa, l’incedere elegante e la scrittura fluida (troppo fluida), le canzoni sono belle eppure.... è come se mancasse qualcosa... si ma che cosa?... si ecco manca Ben Harper!!! C’è molta buona musica in questo disco, c’è del pop, del rock, un pizzico di Neil Young, qualche Jackson Browne, Ringo Starr Q.B. e una manciata di rock ’70 ma il tutto risulta insipido, insapore come un vino dall’odore esagerato che quando passa in bocca non lascia traccia... dov’è il Ben Harper che conosciamo? quello della steel guitar? quello che ci faceva rimanere in tensione per un intero brano, quello che sapeva regalare emozioni attraverso ballate straordinarie?  dove sono il soul, il funk, il blues? quel groove del tutto personale e particolare che il nostro aveva creato miscelando tanti ingredienti della musica dei padri (neri e bianchi che siano)? non cerco un altro Fight for your mind, ma di rivivere quelle emozioni, si, a Ben Harper mi sento proprio di chiederglielo. Comprerò Give till it’s gone, come ho comperato i 9 precedenti più gli affini, lo ascolterò, lo passerò in radio, inserirò Rock N' Roll Is Free nella mia playlist estiva da tenere in auto poi probabilmente non ne avrò più ricordo, uscirà dagli aggiunti di recente e creando playlist per le Backstreets passerà sotto i miei occhi senza provocare moti di trascinamento della traccia. Give till it’s gone è un bel disco con tante belle canzoni, ma zero emozioni, vale l’acquisto per la qualità ma non aspettate di trovarci il Ben Harper che conosciamo!!!

venerdì 13 maggio 2011

Owen Temple: Mountain Home



L'amo, non l'amo.... l'inconsapevole leggerezza nello scrivere.... 
Come la musica colpisca diversamente gli animi delle persone è un mistero inviolabile, le alchimie sono differenti per ognuno dei 7 miliardi di donne e uomini della terra, per questo non metto sotto processo i giornalisti che si occupano di musica perchè le sensibilità di ognuno sono differenti, ma penso che ad essere giudicato debba essere il disco e non le intenzioni o i progressi degli autori. Un artista lontano dalle pressioni delle major, esce con un disco quando lo "sente pronto" perchè attraverso la sua musica vuole comunicare qualcosa. Owen Temple è un onesto e generoso musicista texano, tanto generoso da donare il 100% del ricavato delle vendite di Mountain Home, se acquistato per entro il 19 maggio attraverso il suo website, alla Jeff Davis County Relief Fund and to the State of Texas Agriculture Relief Fund! Mountain home è il suo sesto disco ed è un bel disco! Registrato e prodotto da Gabe Rhodes, si avvale del contributo di Charlie Sexton al basso ed alla baritone guitar, Bukka Allen alle tastiere, Tommy Spurlock alla pedal steel e Rick Richards alla batteria. Le canzoni sono scritte da Temple e in cooperazione con Adam Carroll, Scott Nolan e Gordy Quist (di the Band of Heathens). Atmosfere folk, blues, and bluegrass per 10 brani totali che ci regalano abbondanti 30 minuti di buona musica dove a risaltare non sono alcune song in particolare ma l'omogeneità dei suoni e a trionfare è la buona musica! Fino a 20 anni fa eravamo a conoscenza a malapena del 10% della produzione musicale statunitense, ciò che ci arrivava tra le mani era la "prima scelta" già filtrata e selezionata, ora che possiamo arrivare a conoscere l'80% del prodotto interno lordo della musica made in U.S.A. dobbiamo anche renderci conto che di dischi straordinari ne usciranno 10 l'anno per il restante ognuno giudichi non cercando tra le tracce la hit o il grande pezzo ma la passione e l'amore per la musica che personaggi come il nostro Owen Temple riescono ancora a trasmetterci con dischi come questo Mountain Home!


The Trinity sessions!!! I have seen the light!!!

4800 km per realizzare un sogno!!! Tale è la distanza coperta A+R per raggiungere l'Akkurat di Stockholm per assistere al concerto di The band of heathens!!! Lo desideravo da tempo e questa era l'occasione buona! Cena ore 18.30, il locale è bello ma piccolo e il palco è all'ingresso, mi posiziono sotto alle 20.00 dopo 50 minuti di band locale (country-cover style) iniziano i preparativi, c'è ancora il palco da sistemare e i livelli da regolare e i nostri sono li ad un metro da me! Dopo l'intro in svedese partono... è un tuffo al cuore, la mia band preferita è li e suona per me, per noi, per tutti!!! Non ricordo la playlist in ordine perchè non sono li per quello! Colin, Gordy, Ed sono un'unica cosa, da tre songwriters isolati nel 1996 hanno dato origine ad una band nella quale nessuno è il frontman, nessuno il lead guitarist nessun altro che loro 3. Le voci si alternano si intrecciano poi parte un solo e poi un'altro ed un altro ancora, cado in estasi mistica e vedo la trinità del rock incarnata nei tre ragazzi texani e ascendo al paradiso della musica! Suonano come pochi al mondo, si divertono, giocano, inventano e la sezione ritmica composta da Seth Whitney (con tanto Crocs ai piedi) al basso e John Chipman alla batteria sono dei metronomi, due ore passano via in un attimo tra Stay, Cornbread, Jackson Station, Polaroid, Medicime Man...e il resto... poi i bis! Ci provo, chiedo Bumblebee... un piccolo consulto e poi l'apoteosi, non ricordo il secondo bis ma Colin si esibisce in un solo di slide con bicchiere colmo di birra, chinandosi a sorseggiarla.... 2 ore e 15!!! Gordy si ferma, lo saluto, gli faccio i complimenti, gli dico che arrivo dall'Italia solo per ascoltarli e che li aspetto... poi lo incrocio uscendo e li scatta la foto di rito... ho avuto tutto! I'm a luky man!!!



Classifica dei 5 migliori concerti che ho visto:
1) Bruce Springsteen (Milano, 1985)
2) Tom Waits (Firenze, 1999)
3) The Band of Heathens (Stockholm. 2011)
4) Ben Harper (Cesena, 1996)
5) U2 (Bologna, 1984)